Esplorare l’America da plant based: AltroFood racconta un anno tra ostacoli e scelte strategiche
A un anno dall’inizio delle attività operative di AltroFood negli Stati Uniti, il bilancio è chiaro: un mercato dalle potenzialità enormi, a patto di sapersi muovere tra sfide logistiche, abitudini di consumo radicate e un contesto politico-economico in rapido mutamento.
L’apertura della filiale americana un anno e mezzo fa ha segnato l’inizio di una corsa ad ostacoli che ha subito insegnato una verità semplice: l’America non è “un” mercato, ma cinquanta mercati diversi, ciascuno con leggi proprie, gusti distinti e culture alimentari profondamente radicate. Se le coste — in particolare la California e il New Jersey — si dimostrano sensibili ai temi della sostenibilità e dell’innovazione plant based, nel Midwest o nel profondo Sud l’attenzione al vegetale resta limitata.
In questo scenario frammentato, AltroFood ha individuato le aree su cui puntare, adattando la propria offerta a un pubblico esigente ma spesso poco incline alla preparazione casalinga: negli USA il consumatore medio predilige il prodotto pronto, da scaldare, veloce. Ecco perché la sfida maggiore è stata comunicare un semi-preparato da reidratare a una clientela abituata a soluzioni “ready to eat”.
La strategia si è così orientata verso il food service — ristoranti, catene, hotel — dove chef consapevoli possono apprezzare la versatilità e la qualità dei mix AltroFood. E i primi risultati arrivano: essere scelti da chi cerca ingredienti innovativi per arricchire il menù è un segnale forte, una conferma che l’Italian Way — quel tocco italiano che unisce gusto, nutrizione e naturalezza — trova spazio anche oltre oceano.
Il 2025 porta però nuove complessità. L’introduzione temporanea di dazi aggiuntivi sui prodotti importati dall’Italia, ridotti per ora, impone a tutto il comparto scelte delicate: aumentare i prezzi, perdere marginalità o ripensare la filiera. AltroFood ha scelto di resistere: nessuna ipotesi di spostare la produzione negli Stati Uniti, dove i costi industriali e logistici rimangono insostenibili. Restare significa consolidare una presenza, costruire fiducia, seminare oggi per raccogliere domani. Meglio quindi ottimizzare le linee di prodotto, scegliere canali di vendita più mirati e consolidare la presenza attraverso la comunicazione.
A complicare il quadro si aggiunge il cambiamento degli equilibri monetari globali: il dollaro, sempre meno valuta di riferimento, apre a nuovi scenari incerti che vanno oltre le logiche di dazio e prezzo. Eppure, anche in questo contesto, le opportunità non mancano. La recente crisi del mercato delle uova, dovuta all’influenza aviaria, ha acceso i riflettori sui sostituti vegetali di qualità come AltroEggs, che negli ultimi tre mesi ha segnato una crescita dell’oltre 20%.
Con una pipeline di innovazioni nate dall’ascolto del mercato statunitense e dall’esperienza maturata in quattro anni di attività in Italia, AltroFood si prepara a lanciare nuove linee pensate su misura per i gusti e le esigenze americane. Linee che valorizzano ancora di più l’identità italiana, ma con una chiave moderna e internazionale.
Il Plant Based World Expo e altre fiere di settore saranno le tappe strategiche di questo percorso: luoghi dove incontrare operatori specializzati, pronti a scommettere su prodotti 100% vegetali di qualità, capaci di raccontare una nuova idea di cibo italiano.
“Chi sceglie i nostri prodotti negli Stati Uniti — afferma Dario Mimini, CEO & Founder at Diemme Food Srl, titolare del marchio AltroFood — lo fa perché cerca qualcosa che lì non esiste: qualità, versatilità e un’identità chiara. Non siamo solo plant based, siamo italiani. E anche se l’Italia non ha ancora una tradizione riconosciuta in questo settore, noi stiamo tracciando una strada nuova”.
Sito web: altrofood.com

